Mattia e suo padre ci accolgono nella loro azienda agricola biodinamica a Verzuolo, in provincia di Cuneo. Mattia ha studiato agraria per acquisire le competenze da applicare nell’azienda agricola di famiglia. In passato l’azienda era dedicata in prevalenza alla zootecnia mentre ora è dedicata alla frutticoltura.
Mele, pere, kiwi e miele sono i prodotti della loro azienda che produce con metodo biodinamico fin dall’anno 2000.
Tutto in biodinamica è volto a favorire la salute dell’ecosistema: i pali utilizzati sono in legno di castagno, non trattati; il concime è prodotto in parte da cinque asini che vivono in azienda, ci sono le api…
Ciò nonostante mantenere in salute questo “organismo” è tutt’altro che facile! Quest’anno il gelo ha gravemente compromesso la raccolta delle pere Williams, così come il colpo di fuoco batterico (malattia causata da un batterio che colpisce un po’ tutta la pianta: legno, foglie, fiori e frutti) e l’afide lanigero che con le sue punture succhia la linfa della pianta indebolendola e macchia i frutti.
E poi ci sono le difficoltà economiche e burocratiche legate all’uso di manodopera ormai prevalentemente straniera: se si facessero tutti i conteggi dei costi sostenuti per le pratiche colturali e il costo della manodopera sicuramente ci si renderebbe conto che l’agricoltura oggi, quella famigliare, non è affatto sostenibile e chi resta lo fa per legame famigliare e passione, non certamente per la sostenibilità di questo tipo di attività.
Le varietà di mele coltivate sono principalmente Golden, Gala, Opal, Inored Story, GRanny Smith e Smeralda mentre quelle di pere le Abate e Williams. La maggior parte della produzione viene venduta a grossisti che assicurano la certezza del conferimento, solo una piccola parte è destinata alla vendita diretta in azienda durante il periodo della raccolta. Gestire la vendita diretta tutto l’anno vorrebbe infatti dire avere celle per la conservazione, attrezzature per lo stoccaggio e tempo da dedicare alla promozione ed alla vendita. Insomma, troppo complesso e soprattutto costoso. Peccato, perché sarebbe questa certamente una dimensione più sostenibile e remunerativa e che consentirebbe di recuperare il rapporto tra chi produce e chi consuma, fondamentale per creare consapevolezza.












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