Le filiere come agenti territoriali in grado di creare un nuovo rapporto tra produzione e consumo. Analisi di modelli virtuosi. Racconto video di Maria De Biase

Chi è Maria De Biase?
Maria De Biase arriva a San Giovanni a Piro, piccolo centro di appena 3700 anime in provincia di Salerno nel 2007. Al centro dei suoi insegnamenti a scuola, presso l’Istituto Comprensivo Teodoro Gaza, il rispetto delle tradizioni più antiche del territorio, al fine di riscoprire le proprie origini e le antiche abitudini. Pasti cucinati con i prodotti dell’orto sinergico della scuola, eliminazione della plastica a favore del coccio, recupero degli olii di scarto da cucina per autoprodurre il sapone sono solo alcune delle iniziative messe in atto dalla donna, che ha avviato una vera e propria rivoluzione nella scuola. In una intervista al Fatto Quotidiano del 2013, la De Biase aveva raccontato il suo approdo nel piccolo centro del Cilento: “Ero insegnante e lavoravo sui progetti di educazione alla legalità sulla zona di Napoli e provincia”, aveva spiegato. Professori e docenti e genitori, in vista del suo arrivo, attendevano grandi novità, ma sin da subito lei fece presente l’intenzione di incentrare tutto il suo lavoro sull’educazione alla ruralità: “Questo è stato per loro uno choc e me lo dicono ancora, per loro ruralità era arretratezza, antichità”. Si iniziò così con la “guerra alle merendine confezionate”, che portò all’arrivo delle eco-merende fino agli eco-compleanni.

Siamo in Campania, precisamente nel cuore del Cilento, dove Maria De Biase è la preside di una scuola primaria. Qui, da anni, insegna come rispettare la natura, ma anche il significato di temi importanti come ecosostenibilità e riciclo. Un preside ecologico, dunque, che ha deciso di dare vita ad una vera e propria rivoluzione a scuola che va ormai avanti da diversi anni. Nella scuola dove si è trasferita da Napoli, la professoressa ha insegnato a centinaia di bambini che per merenda si intende pane e olio perchè le classiche merendine confezionate sono state bandite, così come la plastica. E che con gli olii esausti è possibile realizzare delle saponette. Piccoli consigli e trucchetti grazie ai quali 600 bambini riscoprono ogni giorno quanto sia possibile e bellissimo preservare con pochi gesti il Pianeta che ci ospita e di cui spesso ci dimentichiamo.

liberamente tratto da http://www.ilsussidiario.net/

Racconto video del 17 maggio 2021

Alla ricerca di modelli virtuosi con i quali confrontarci e dai quali trarre ispirazione, siamo partiti dell’esperienza di una donna straordinaria, Maria De Biase, che è riuscita a realizzare, in Cilento, ciò che tanto starebbe a cuore al progetto Logicobio: portare il cibo sano, biologico, di agricoltura contadina anche nelle scuole dove, quasi sempre, le macchinette che distribuiscono cibo industriale segnano la distanza tra gli abitanti e il loro territorio, tra la teoria e la pratica quotidiana, incidendo peraltro in modo negativo sulla salute e sulla capacità di attenzione dei giovani scolari.

Riportiamo di seguito la trascrizione del racconto video di Maria De Biase.

“Mi chiamo Maria De Biase, sono una dirigente scolastica, dirigo scuole nel Cilento da 15 anni. in questi anni ho provato a portare avanti un progetto legato alla sostenibilità e all’educazione alla ruralità. io ritengo queste attività fondamentali per le nuove generazioni, poi oggi più che mai, anche rispetto alla pandemia, ai corretti stili di vita, alle difese immunitarie, insomma, capire che il buon cibo e alla base, insieme a un corretto stile di vita, è alla base di una buona salute e quindi io, in questi anni, ho dato tantissima importanza, ho puntato tutto su queste attività. A titolo esemplificativo voglio raccontarvi qualche piccola attività che abbiamo realizzato. Innanzi tutto, fin dai primi anni abbiamo eliminato le macchinette distributrici di merendine, che secondo me, sono scandalose, poi in questo nostro parco nazionale, dove io vivo e lavoro, il Parco Nazionale del Cilento, qui dove è nata la dieta mediterranea, mi sembra oltremodo scandaloso non occuparsi di buona alimentazione permettere ai bambini, ai ragazzi di consumare a scuola – la scuola ha una responsabilità enorme e quindi, a scuola, mangiare robaccia, porcherie, e quindi abbiamo sostituito con una sana merenda, la cosiddetta eco merenda, che in rete trovate, trovate un video molto carino dove spieghiamo in cosa consiste. Alla base dell’eco merenda c’è una buona fetta di pane nero con un filo di olio extravergine di oliva. Questo è, di una semplicità disarmante, ma pare che sia rivoluzionaria una cosa del genere. Chiaramente il pane e olio è simbolicamente l’aspetto più forte, ma l’eco merenda è anche abbastanza complessa nel senso che ci sono i succhi di frutta freschi, le spremute d’arancia, che sono quelle che noi recuperiamo o donate dai genitori o raccolte in giro in terreni abbandonati, demaniali, insomma le persone ce le regalano. Per cui è tutto legato anche a questo. I bambini, penso sempre prima della pandemia – purtroppo c’è un prima e c’è un dopo che bisogna considerare- andavano in giro, i piccoli con i secchielli, i più grandi con i secchi più grandi, con le carriole in giro a raccogliere agrumi, arance, mandarini, clementine per tutto il periodo invernale. Le scuole che io dirigo sono in piccoli paesini, sia costieri che montani, dove tutti i ritmi sono molto differenti dalle grandi città. Ma quello che noi abbiamo fatto, naturalmente con modalità differenti, è possibile farlo anche in altri contesti. Poi tutte queste nostre scuole, i nostri edifici avevano tutti degli spazi esterni, per lo più abbandonati, per lo più a carico delle amministrazioni comunali che dovevano pulirli, sistemarli, in tanti casi ci ho trovato materiali di battitura, di risulta edilizia, laterizi. Questi spazi sono stati ripuliti, sistemati e abbiamo iniziato a coltivarli. Realizziamo degli orti, sia sinergici – sui quali abbiamo fatto dei corsi, ci siamo formati – sia orti tradizionali. E poi tantissimi alberi da frutta. Oggi questi frutteti piantati 13-14 anni fa producono tanta buona frutta, fresca, autoctona per i nostri bambini sia frutta autunnale invernale, ma anche le ciliegie e le nespole che qui maturano già a fine maggio. Tutto questo lo abbiamo legato, chiaramente, al curriculum, non è un progetto esterno alla scuola, io non amo i progetti a tenuta stagna, cioè qualcosa che comincia e poi finisce, ma attiviamo solo attività che portano dei cambiamenti e che tutti poi possono entrare, partecipare. Questi progetti sono molto ben visti anche dai genitori, da tutta la componente esterna, perché periodicamente vengono aperti i cancelli, i genitori partecipano per la preparazione del terreno, per la piantumazione, per la raccolta e poi per queste grandi eco merende collettive fatte di insalate, di finocchi, di piselli freschi, fave fresche, chiaramente con tutte le indagini, le analisi per le allergie, le intolleranze. È tutto molto complicato perché, insomma, la normativa è stringente. Però io ho dei buoni collaboratori e siamo riusciti, un po’, a bypassare, la normativa anche abbastanza schizofrenica, secondo me perché dal Ministero, dall’Europa ci inviano inviti, anche molto forti, ad occuparci di educazione alimentare, però poi esistono tutte le normative sulla rintracciabilità, sul non si può fare, sul non è permesso. Io mi rendo conto che oggi ho un dirigente scolastico che voglia intraprendere questo percorso ha bisogno di tanta forza, molto impegno e anche molto coraggio. Insomma, andarsi a creare delle alleanze sul territorio, con l’ASL, ma soprattutto con le famiglie, anche perché quando le famiglie capiscono che dietro c’è un prendersi cura dei loro figli, un prendersi cura dei loro figli, poi diventano alleati della scuola. I problemi sono le mammine più giovani, le giovani generazioni, quelle che hanno bisogno di mettere nello zainetto del figlio la merendina, quello di liberarsi, di affrancarsi di un impegno, che è quello ad esempio di preparare le fette di pane con la marmellata fatta in casa, o le fettine di pane con l’olio. Chiaramente questo richiede un impegno materno che spesso le giovani mamme non gradiscono, preferiscono appropriarsi dei prodotti della globalizzazione, quelli commerciali e quindi risolvere così. Però è un processo di consapevolezza, non è un qualcosa che si può fare dall’oggi al domani, sono processi lunghi, sono processi che si attivano, poi magari i risultati si vedono dopo qualche tempo. Io li vedo perché ormai sono passati 14-15 anni, i ragazzi sono grandi e hanno portato in giro le loro competenze, le loro conoscenze. Tanti hanno fatto anche delle scelte di vita relativi agli studi, relativi all’università sui temi ambientali, agrari. È importantissimo perché in futuro avremo sempre più bisogno di cervelli che si occupano di alimentazione, non possiamo più permettere che di alimentazione o allevamento se ne occupino solo i grandi industriali, i grandi imprenditori; abbiamo bisogno di cibo buono, di salute, di un ritorno al rispetto e all’amore per l’ambiente e quindi anche per le coltivazioni, per gli animali di cui molte persone si nutrono. È importantissimo, insomma, che da qui a 15-20 anni se ne occupino questi nuovi contadini, contadini contemporanei, colti, preparati, che abbiano a cuore l’istanza ambientale. Poi ci sono anche tanti altri progetti, belli: c’è un progetto che recupera lolio esausto alimentare, col quale facciamo, con un’antica ricetta recuperata attraverso le nonne, le saponette così questo materiale non finisce in mare – noi abbiamo uno dei mari più belli del mondo nel Cilento. Facciamo un laboratorio, sempre curriculare, sempre tempo scuola, realizziamo saponette che vengono utilizzate sia a scuola, ma vengono anche donate, per non dire vendute, in cambio di un’offerta. Noi raccogliamo un bel po’ di soldini con questa vendita e con il ricavato sosteniamo le famiglie che hanno più problemi, acquistiamo blocchetti mensa, libri, strumenti musicali, per cui veramente un rifiuto diventa una risorsa nel vero senso della parola. Ecco, io ho provato solo a raccontarvi un po’ della nostra scuola, della nostra realtà e sono comunque a vostra disposizione se volessimo parlarne, incrociarci. Vi ringrazio molto e auguro buona vita”.

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