#PrimaL’Ambiente


“Guarda – ci dice Gianfranco Torelli, viticoltore biologico di Bubbio (At) – l’unica cosa che ogni tanto sento è la cavolata “l’uomo sta distruggendo la terra”. Ed è una cavolata in questo senso: l’uomo non sta distruggendo la terra, sta distruggendo se stesso, rendendo inospitale l’unico pianeta che oggi sappiamo essere vivibile dall’uomo. La terra probabilmente, se l’uomo si estingue, andrà ancora avanti, qualcuno dice forse anche meglio. Quindi la prima cosa da mettere in chiaro, secondo me, è che l’uomo sta distruggendo se stesso, l’uomo, che, non dimentichiamo, è un elemento dell’ambiente. In questi giorni il lavoro che sto facendo sui social è l’invio del mio #PrimaL’Ambiente. L’antropocentrismo, il mettere sempre l’uomo al primo posto, è di per sé sempre qualcosa di sbagliato: mettere al primo posto un certo tipo di uomo, prima il terremotato, prima l’italiano, prima l’ungherese, prima l’americano… è semplicemente folle: prima l’ambiente. Dobbiamo capire che l’ambiente lo stiamo rendendo inospitale. L’ambiente ci lancia dei messaggi: le cavallette, le api che muoiono, 1,5 metri di grandine in Messico, le temperature. Qui sulle nostre colline siamo arrivati a delle temperature folli, 38° all’ombra, nelle città si arriva anche a 40°, purtroppo nelle campagne francesi, qui vicino a noi, si sono superati i 45° all’ombra è la temperatura che c’è nella Valle della Morte nel mese di agosto, non a fine giugno nelle campagne della Francia. I nostri colleghi che hanno le vigne lì in Francia hanno visto completamente distrutto non solo il racconto di quest’anno, probabilmente sono morte anche le piante, sono cotte, perché? È come mettersi a piantare vigne nella Valle della Morte o nel deserto del Sahara.


Credo sia veramente folle non mettere al primo posto l’ambiente, questo si fa per ovvi motivi politici ed economici. Quindi, se chiediamo a Trump perché non sta puntando sul motore elettrico risponderà magari con i suoi slogan che i cambiamenti climatici sono un’invenzione dei giornalisti, bla bla bla, ma la realtà è che il 70% del litio, che è fondamentale per costruire le batterie, si trova in Cina. Per cui ovviamente l’America, dal punto di vista prettamente economico, è avvantaggiata dal bruciare non solo il petrolio, ma il bitume catramoso che hanno nel nord dell’America. Dal punto di vista ambientale continuare a buttare CO2, quindi anidride carbonica – adesso lo chiamiamo diossido di carbonio – comunque la CO2 nell’atmosfera è follia. Ogni tanto lo ricordo a chi dice che i cambiamenti climatici ci sono sempre stati, la CO2, da quando l’uomo è sulla terra è rimasta a un livello stabile 280 parti per milioni (ppm): questo è il dato che era ancora rilevabile nell’era preindustriale. Dall’era industriale in poi è sempre cresciuto: oggi siamo a 410 parti per milioni e le previsioni dicono che supereremo le 500 parti per milioni entro il 2050. Il CNR sta studiando nuove varietà di grano in grado di resistere a queste concentrazioni di CO2. In America hanno studiato dei piccoli droni automatici che dovranno sostituire le api: ecco, io penso che questo sia il modo più sbagliato di affrontare il problema. Noi dobbiamo fare uno sforzo comune, globale. Forse tornare indietro è impossibile, ma almeno fermarci a questo punto, che è già un punto abbastanza critico, perché se invece continuiamo ad operare sia a livello individuale che politico come se tutto questo non fosse vero, questo lo trovo estremamente folle da parte dell’uomo del 2020. Qui nel mio paese le persone vivono per lo più in una casa di proprietà: quanti pannelli fotovoltaici, accumulatori d’acqua calda ci sono? Zero. Quanti abbiamo deciso di rivedere, reimpostare anche il modo dell’agricoltura quindi lasciare più alberi all’interno delle coltivazioni? Cioè il problema della CO2 si risolve in due modi: diminuendo le emissioni e piantando alberi, la cosa più bella che ci ha fornito la natura perché tutti lo sappiamo, l’abbiamo imparato a scuola che l’albero si “mangia” la CO2 e ci restituisce ossigeno quindi la soluzione del problema dovrebbe proprio essere questa. Quindi noi dobbiamo aumentare il numero degli alberi e diminuire contemporaneamente le emissioni, mentre noi facciamo l’opposto.

A livello mondiale stiamo disboscando, stiamo cementando e aumentiamo le emissioni. Chi poi ha un’azienda agricola può fare qualche ragionamento in più. Può ripensare per esempio di avere degli alberi all’interno dei seminativi. Noi avendo le vigne abbiamo la fortuna che la vite in fondo è un albero, però immaginiamo certe pianure dove l’ultimo albero lo hanno tagliato come fossimo nell’isola di Pasqua per rendere seminativo o peggio ancora per asfaltare, fare dei parcheggi o quant’altro. Dobbiamo renderci conto, perché molti continuano a credere che il cambiamento climatico sia una favola. Insomma, non l’hanno detto anche i nostri politici che a marzo era freddo e quindi era una bufala questa del riscaldamento globale? Insomma questi sono dati scientifici: la CO2 in atmosfera si può monitorare e vediamo che sta crescendo ogni giorno, quindi non è una bufala, è la realtà: prendiamo provvedimenti.

Per assurdo a 500 parti per milioni di CO2 le piante sono più rigogliose: infatti il problema di studiare nuove varietà di grano è perché il grano attualmente coltivato con 500 ppm, che è previsto per il 2050, non crescerà più perché sarebbe troppo rigoglioso. Quindi la natura, lei, andrà avanti tranquillamente, chi si sta autodistruggendo è l’uomo perché rendiamo inospitale il nostro pianeta. Cosa succederà? Io voglio essere ottimista, voglio pensare che dopo tutto qualcuno inizi a farsi delle domande e a chiedere queste cose. La politica è lo specchio di un Paese, se un Paese chiede di bloccare i migranti, va avanti il politico che blocca i migranti. Se tutti chiedessimo: “Signori, noi qui stiamo distruggendo il pianeta, vogliamo azioni a favore di un’agricoltura green” allora probabilmente la situazione potrebbero cambiare. Altrimenti succederanno forse delle cose epocali: potrebbe esserci ad esempio lo spostamento dalle città alle montagne anche per motivi climatici. Io non so quanto sia vera, c’era questa proiezione di meteo France sul clima che ci sarà nel 2050 e diceva che questo clima eccezionale di 45° sarà la norma nel 2050.

Da noi c’è il tentativo di rimettere in piedi il Movimento Valle Bormida pulita. Questo Movimento è stato uno di quelli che ha stupito a livello internazionale per la presa che avuto sulle coscienze della Valle Bormida e il risultato ottenuto: non dimentichiamo che abbiamo chiuso la fabbrica di stato chimica, 3000 dipendenti, e iniziato comunque la rinascita di una valle. Quando si parla di rimettere insieme questo Movimento io vedo quelli di trent’anni fa più vecchie di trent’anni, vedo pochi giovani e quei pochi giovani che magari ci credono sono stati subito etichettati: sembra quasi che essere ambientalisti sia un po’ un’etichetta negativa. Ma c’è da vergognarsi a essere ambientalisti? A essere difensori dell’ambiente? Sembra quasi che in Italia abbiamo messo da parte il problema dell’ambiente. Io ho sempre sostenuto che il biologico fosse innanzitutto un movimento ambientale, l’agricoltura biologica aveva un senso perché era il metodo agricolo che più si poneva il discorso ambientale, dove stiamo andando. L’evoluzione di questa cosa oggi l’hanno girata tutta sull’antropocentrismo, cioè sulla salute del consumatore: mangio bio perché così mi fa bene o non mi fa male. Questo è sbagliatissimo: il movimento bio è un movimento ambientale. Probabilmente bisogna rieducare le persone all’ambientalismo, non vedo altre soluzioni di più.

La gente è anche stufa di sentirsi dire che l’ambiente sta andando tutto a catafascio. Me ne sono accorto l’altro giorno quando è venuto Roberto Cavallo che ha presentato qui a Bubbio il suo libro sull’ecologia: l’iniziativa è partita dalla piccola biblioteca comunale, quel giorno lì ha presentato la bibbia dell’ecologia. Libro interessante, dal tema molto attuale. Quel giorno lì il gruppo della parrocchia di Bubbio ha organizzato una bella processione per andare a un monumento partigiano, allo stesso orario… e siamo un paese di 800 abitanti!
Io sto provando in un altro senso, chiacchierando con viticoltori, amici e ogni tanto, abbastanza spesso comincio a sentire :“Sono andato nelle vigne, ho fatto quel trattamento mi è venuta tutta l’orticaria”. Invece di dire “Ah, te l’avevo detto” io, con qualcuno di questi ho detto “Ma perché – non stare lì a certificarti per adesso – perché non provi a seguire un protocollo bio?” “Eh, ma chi mi dà le informazioni?” E così ho cominciato con gli SMS. “Io quando faccio i trattamenti ti mando un SMS, se poi succede qualcosa di particolare, tipo è venuta una grandinata, un temporale, me lo dici e magari facciamo una correzione.” Io adesso ho una serie di aziende che praticamente hanno abbandonato il protocollo di agricoltura convenzionale e stanno di fatto passando a un’agricoltura biologica senza essere certificati. Ecco, probabilmente bisogna andare in questa direzione, finché la gente si autoconvince. Ho cioè cercato di andare dietro a quella che era la loro richiesta e non più andare a presentare quello che secondo me è molto bella, la bibbia dell’ecologia, perché la gente non ha voglia di ascoltare. Io la vedo un po’ così.

Il fatto dell’SMS era “prova un anno poi magari ci incontriamo, ne chiacchieriamo” perché poi, io lo dico sempre, sostituire un prodotto chimico con un prodotto biologico non è fare agricoltura biologica, il biologico è ben oltre, però in qualche modo devi iniziare e il modo più furbo per iniziare e per convincere è partire, lì tocchi con mano che forse un’altra agricoltura è possibile e poi da lì partiamo con tutta una serie di discorsi. Il modello ideale di agricoltura biologica sarebbe arrivare a non fare neanche più alcun trattamento: è quello a cui bisogna puntare, ma ci si arriva pian pianino, di certo non ci arrivi facendo i convegni e gli incontri, perché tanto la gente non ci viene. È un lavoro lento però adesso che abbiamo questa emergenza probabilmente qualcuno inizierà a farsi delle domande. Se il mondo è pronto a dare delle risposte probabilmente si può far crescere di più il sentimento ecologico”.

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