Isabella dalla Ragione, agronoma, responsabile di Archeologia arborea di Città di Castello, ci ha detto:
“Per noi che abbiamo cominciato a pensare in maniera diversa molti anni fa, a pensare, a recuperare, ad essere attenti ad un’agricoltura diversa, in realtà, adesso che, a parole, viene pubblicizzato, anche questa cosa delle api che è una roba di una forzatura terribile perché poi i famosi corridoi per le api lungo l’autostrada… ma che state pensando! Avete fatto un disastro nelle città o nella rete stradale e adesso pensate che seminando un po’ di fiori per le api, piccinine, gli si possa fare un buon servizio, no! È un modo di affrontare da devastatori neanche pentiti, perché nessuno è pentito, in realtà sono devastatori e basta. Allora anche questa cosa di pensare, di risolvere è facile: io do il mio contributo al cambiamento climatico piantando una pianta. È facile così. Va bene, nel senso che è chiaro che va bene che piantano le piante, però non me la far passare come la soluzione del cambiamento climatico perché è veramente una forzatura terribile. Su questa cosa delle api, ripeto, c’è una forzatura terrificante. Io ce le ho le api, come tanti agricoltori. Ci sono delle difficoltà enormi però: per esempio io per potergli mantenere le fioriture più a scalare possibile io non sfalcio l’erba o la sfalcio un filare sì un filare no. Poi la gente arriva, anche quelli che vogliono salvare il clima, e dicono che qui non si cammina perché è tutto sporco, c’è sporco di erba. Ecco c’è l’erba un po’ più alta perché io la lascio per le api. Non voglio neanche fare più commenti quando vengono, perché qui ne vengono a bizzeffe di queste persone che vogliono salvare la biodiversità, e poi che fanno: invece di salvare la biodiversità locale, ognuno il suo, che sarebbe da fare, vengono da me e mi dicono “io allora se prendo le piante da te salvo la biodiversità”. Dico: no, tu salvi la mia biodiversità, mica salvi la tua”. In realtà le persone pensano ci siano delle scorciatoie per fare delle cose. In realtà le scorciatoie non ci sono. Cioè il nostro lavoro è stato un lungo cammino, adesso le persone che vogliono prendere le scorciatoie, le vedo molto molto con sospetto, perché poi, in realtà, non prendono solo le scorciatoie, ma fanno finta di aver fatto tutto il lavoro, di aver fatto un grande camino, in realtà il cammino non l’hanno fatto. Non so come ci si può difendere da questo momento anche perché in realtà c’è questo discorso di Internet per cui tutto è velocizzato e tutto è immagine. Se tu c’hai un’immagine bella, che funziona, vuol dire che il tuo lavoro funziona. Noi sappiamo che non è così, però vengono qui, fanno le belle foto e allora hanno salvato la biodiversità. In realtà non è così. È tutto molto superficiale, molto da Instagram, neanche Facebook perché Facebook devono scrivere qualcosa, Instagram invece sono solo fotografie. Quindi in realtà io sto sempre più zitta su queste situazioni, mi sfogo solo con voi e con le persone che so che possono capire però io non faccio più commenti, non faccio commenti sui movimenti, sui Friday for Future, sugli incendi in Australia, non faccio più commenti sulle api, sul tetto di Notre Dame, sui tetti dei grattacieli di New York, sulla bustina dei semi regalate per salvare le api, sulle catene di distribuzione alimentare che fanno il progetto biodiversità e api… pensa te. Io non faccio più commenti… Io conosco la situazione del Medio Oriente ed è più che disastrosa dal punto di vista dell’ambiente, della desertificazione nel senso di eliminazione delle piante, della perdita di biodiversità: c’è una situazione devastante e devastata, è una lotta impari: presenza di plastica ovunque, è una cosa che da noi a confronto le nostre situazioni peggiori sono dei paradisi, per cui da questo punto di vista è un disastro. Se parli di biodiversità non ti capiscono, perché se vai in Palestina è chiaro che hanno altri problemi o se vai in Siria, purtroppo non ci si può andare. In qualunque paese di questi tu vai ci sono delle priorità, delle problematiche che sono priorità per cui la biodiversità è l’ultimo dei loro problemi o le piante per l’impollinazione o le piante per arricchire e per favorire l’impollinazione è l’ultimo dei loro problemi. Però io vado lì per quello, ma mi guardano come se parlassi da Marte. La situazione è molto grave. In Russia dove vado io in queste 3-4 situazioni ci sono delle difficoltà -ma ci sono anche da noi delle difficoltà – però poi quando incontri le persone sensibili, brave – e ce ne sono tante- allora dici ma allora qualcosa può succedere, ci sono delle aperture. Vado volentieri in Russia perché ho trovato delle situazioni di grande speranza. Ci sono persone brave e sensibili che hanno voglia di fare, di combattere anche loro per mantenere delle cose, dei paesaggi, eccetera, ci sono. È chiaro che se vai in un Paese che ha la situazione di tensione di guerra o di vicinanza con 1 milione e mezzo di profughi è chiaro che le priorità sono altre, mentre invece ci sono dei grandi Paesi, per esempio la Russia, dove in realtà ci sono delle criticità enormi –come è il Paese che è enorme- però poi alla fine loro non hanno la pressione di una guerra e quindi si stanno dedicando per esempio a ricostruire una tradizione, a inventarsi delle situazioni belle dal punto di vista ambientale, molto attente, lì c’è molto. In Italia la comunicazione è gridata e confonde: tutti si occupano di tutto, nel senso che tutti parlano senza sapere nulla però parlano. Io trovo delle cose guarda su Internet trovo delle castronerie e poi la gente dice: l’ho letto in Internet. L’informazione ormai non è più filtrata per cui hai di tutto e di più e nessuno è in grado di filtrare. Io se vedo delle castronerie a proposito della biodiversità, delle piante da frutto me ne accorgo, ma quanti se ne accorgono? Pochi, perchè chi è che ha fatto il lavoro approfondito, sono molto pochi che hanno approfondito l’argomento, che ci si sono scontrati, che hanno studiato, eccetera. Allora la maggioranza non l’ha fatto, non lo fa e quindi si fida di quello che viene detto e viene detto di tutto e poi più urli e più ti ascoltano” .
20 gennaio 2020
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